Check-point “Charlie ”

Riceviamo questa riflessione sul Green Pass in università che volentieri pubblichiamo

Di Gianluca Sorrentino

La sveglia suona alle sei. Dopo aver svolto i soliti rituali mattutini, arrivo alla stazione del regionale che mi porterà a Roma. Appare tutto come il 2019, la differenza è la presenza di gente con la mascherina, altri che fumano la hanno abbassata e mamme e ragazzi che usano convulsivamente il gel disinfettante per le mani. Ci si guarda un po’ con sospetto. Tante facce stanche e assonnate, molte, invece, con lavoglia di ripartire e conquistare la normalità. Il treno arriva in stazione già carico di pendolari. Ovviamente i posti preclusi sono stati utilizzati. Si viaggia con i finestrini aperti, nonostante l’aria di ottobre, più fresca, ha preso il posto della calura estiva. Una volta giunto a Roma, corro per prendere la metropolitana. Giù nella banchina, la situazione si replica, tante persone in attesa che arrivi il treno, tante mascherine, qualcuna che scappa ai capi della banchina e il treno in arrivo pieno di gente, turisti, pendolari e studenti.

Giunto a destinazione un cordone con un cartello che invita gli studenti a presentare il “Green Pass” chiude parzialmente l’ingresso dell’edificio.Con il decreto-legge del 6 agosto 2021, n. 111 “Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti”, l’attuale governo, con presidente del Consiglio Mario Draghi, introduce la misura del “Certificato Verde Covid-19” all’interno delle scuole e nelle università. Una misura integrativa del precedente decreto legge (22 aprile 2021 , N.52) che introduceva il certificato all’interno del tessuto sociale e legislativo italiano. Una misura che, nonostante non abbia sostanziali requisiti scientifici o sanitari, ha assunto contorni via via sempre più perentori.Di fatto il “Green pass” ha trasformato i luoghi aperti al pubblico in veri e impropri “Check point”, richiamando un passato cupo e triste, nell’ottica della “massima precauzione” o “rischio zero”, qualora fosse perseguibile questa, che in sostanza, appare pura utopia.N

elle scuole e nelle università, luoghi fondanti del dibattito sociale e civile, il cui diritto di accesso e frequentazione è sancito da leggi costituzionali e accordi internazionali, l’introduzione della certificazione Covid risulta come una azione di forza al fine di garantire luoghi sicuri e “covid free”.Prima che fosse avviata la campagna di vaccinazione e l’introduzione della certificazione Covid, le scuole e le università hanno introdotto misure per limitare la diffusione del virus e l’insorgere di nuovi focolai. Il distanziamento in aula, l’uso delle mascherine all’interno degli edifici, la ventilazione degli ambienti, così come il monitoraggio, hanno permesso di superare la “didattica a distanza” (ancora presente) e poter rientrare a scuola e nelle università con la sicurezza necessaria per affrontare il percorso formativo. L’università, il cui bacino di utenza è nettamente più ampio, ha introdotto delle misure che potessero far fronte al problema sanitario, introducendo la rotazione e prenotazione dei posti in aula al fine di garantire il distanziamento, l’utilizzo delle mascherine obbligatorie all’interno delle strutture e delle aule con la distribuzione di disinfettante gel per le mani.

La continuità didattica è stata garantita, per coloro che non potendo presidiare la lezione in presenza, nell’arco temporale della rotazione dei posti in presenza, dalla didattica a distanza. Con queste misure, le problematiche scaturite dalla infezione sono state perlomeno minimizzate. Eppure nonostante gli sforzi si è deciso di introdurre il “Certificato Verde” per le scuole (insegnanti e personale ATA) e università (docenti, personale amministrativo e studenti), lasciando pressoché invariati le misure contingentanti precedentemente utilizzate.
Ad oggi la popolazione vaccinata (9 ottobre 2021) è del 79,90% (report del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute). Un valore molto alto, terzo in Europa dopo Spagna e Portogallo. Eppure nessun altro paese europeo ha introdotto una misura tanto “muscolare” come quella italiana. In nessuna nazioneeuropea, con la sola eccezione della Svizzera (dove l’adesione all’utilizzo del certificato è contrastante e non uniforme e ha scaturito un acceso dibattito interno) è richiesto il certificato per accedere all’università o nelle scuole.Uno studente universitario italiano si trova ad affrontare una serie di processi telematici (compilazione di moduli, prenotazioni per i posti in aula, verifica del green pass ecc..) per dimostrare di essere un soggetto “sano” e “vaccinato”.

Appare quindi, maggiormente evidente, come il “Green pass” sia una misura che accentua maggiormente le distanze e la discriminazione; non tutti gli studenti sono “vaccinabili” e non sono mancate iniziative da parte di talune facoltà discutibili, anche perché non avvalorate da nessun ragionamento tale da giustificarle.Ecco, dunque, che nel mondo universitario (e non solo) esistono studenti “oltre la cortina di ferro”. Persone che hanno espresso, legittimamente il proprio “beneficio del dubbio” e che ad oggi vengono etichettati, classificati, marginalizzati. Questi ragazzi, questi docenti e personale amministrativo rappresentano una minoranza, in un quadro, come sottolineato precedentemente, in cui cinque italiani (con una età maggiore di dodici anni) su sei sono protetti dal vaccino.

L’utilizzo di uno strumento di controllo tanto divisivo, non solo per la discriminazione attuata, ma per il concetto di “premialità” introdotto che, in un Stato di Diritto, non dovrebbe nemmeno esistere, soprattutto in mancanza di un obbligo formale e di qualsiasi “razionale scientifico”, appare ancor più lesivo.Il “Certificato Covid-19” incarna, nella sua essenza, un pessimo precedente, un vero e proprio strappo istituzionale, in cui l’individuo e persona, provvisto di una propria “autonomia” di coscienza e autocoscienza, debba essere gestito attraverso uno strumento non più “sociale” e “civile”, ma “coercitivo” e tecnologico.

16 ottobre 2021 Goccia a Goccia/fb