LA NUOVA NORMALITÀ DELLE SCUOLE E DELLE FAMIGLIE – BAMBINI, ADOLESCENTI E IL PIFFERAIO MAGICO / 2

Di Alberto Latorre

5) DITTATURA: DETTO CON FORZA

Welcome to the new world order. Benvenuti – si potrebbe parafrasare ancora – nel nuovo ordine della “dittatura sanitaria”.

A beneficio di quanti storcono il naso davanti all’espressione “dittatura sanitaria”, mi limito a tre osservazioni, una di natura linguistica, le altre due a carattere storico e antropologico, che a mio avviso legittimano e giustificano tale espressione.

a) Detto con forza

Dittatura letteralmente significa “detto con forza”. Ovvero, dittatura è ciò che “viene pronunciata con una forza che supera ogni altra”. Nel caso specifico, perfino la forza dell’amore di una mamma per un figlio. Come altrimenti spiegare il comportamento di quella madre che – come tante altre – ha isolato il proprio figlio nella sua camera e gli fa videochiamate su WhatsApp? Come spiegare altrimenti il comportamento di quella madre che ha rinchiuso nel bagagliaio dell’auto il proprio figlio? L’ordine del discorso sanitario – per dirla à la Foucault – o la narrativa di questi mesi si è imposta con una tale forza non soltanto sopra ogni altro discorso, ma sopra ogni altra forza. Compresa quella dell’amore e della solidarietà.

b) Creare divisioni

Il secondo motivo è prettamente storico. Le dittature infatti si sono caratterizzate per essere da sempre in grado di creare profonde divisioni (e seminare odio) non tanto e non solo nella società, ma soprattutto all’interno delle famiglie e delle singole persone. Fratture insanabili del tessuto sociale, familiare e personale. A partire dall’instillare paura e dal generare incertezza. Le dittature utilizzano lo strumento della paura da un lato come grimaldello per spezzare i rapporti sociali, mentre dall’altro – proponendosi come coloro che detengono la soluzione a ciò che provoca paura e angoscia – per catalizzare il consenso. In questi due anni è stata alimentata la paura del contagio, della malattia, di finire intubati in terapia intensiva, di morire lontano dai propri cari. La paura del lockdown, delle restrizioni, dell’esclusione sociale, delle sanzioni, delle multe. Paure e angosce accresciute dall’incertezza di norme e leggi che mutano con cadenza quindicinale.

c) Natura umana

Le dittature infine, terzo motivo di carattere antropologico, sono state in grado di snaturare la natura umana, di ridisegnarla. Di privarla dei tratti caratteristici dell’essere umano. Basti pensare alla ex Repubblica Democratica Tedesca (la ex Germania dell’Est) e alla Stasi, la sua polizia segreta, i cui membri o collaboratori arrivavano a denunciare i propri partner, figli o genitori come ben raccontato da Le vite degli altri[9], Premio Oscar per il miglior film straniero nel 2006.

E in questi due anni abbiamo assistito di fatto a uno snaturamento della natura umana. Essenzialmente per quattro ragioni.

6) PERDERE LA NATURA UMANA

Prima ragione: umanità

La prima ragione è che lo stesso termine “umanità” – come ricorda Giovanbattista Vico nella Scienza Nuova – deriva dalla pratica dell’humare, cioè del seppellire i morti. Gli esseri “umani” sono tali, perché a differenza degli animali (e in un futuro prossimo dei robot, degli automi), “seppelliscono i propri morti”.

Quanto è avvenuto durante il primo lockdown del 2020, in cui sono stati proibiti i funerali, è stato il primo segnale dello snaturamento letterale e viscerale della natura umana. Come è stato fatto notare da Fusaro[10], si tratta della rivincita ex post di Creonte su Antigone. La politica totalitaria di Creonte – che impedisce la sepoltura di Polinice – e contro la quale Antigone si ribella per affermare il diritto alla sepoltura (con tutto quello che questa rappresenta e ne consegue), ha infine avuto la meglio.

Seconda ragione: cura

La seconda ragione risale anch’essa all’antropologia. Essa – ma basterebbe la propria personale esperienza di bambini – ci ricorda come la natura umana preveda, fin dalla notte dei tempi, che la malattia dei bambini si curi con la presenza calda, affettuosa e rassicurante della madre. Con le sue carezze, con i suoi baci, con i suoi abbracci.

Non a caso negli ultimi decenni i reparti di pediatria degli ospedali si sono profondamente trasformati per consentire alle madri (o ai padri all’occorrenza) di essere presenti, di stare accanto ai propri figli. Addirittura veniva consentito alle mamme di stare accanto ai figli dopo un intervento anche mentre si trovavano in terapia intensiva.

Oppure, basti menzionare di sorvolo le decine di studi che – a partire dalle conclusioni del celebre esperimento delle scimmiette di Harlow e della sua teoria dell’attaccamento[11] – nel corso degli anni hanno messo in luce come i bambini abbandonati in orfanotrofio – seppur curati e sfamati – ma non abbracciati, toccati, guardati, accarezzati, si ammalassero più frequentemente, in molti casi morissero, in tantissimi sviluppassero negli anni gravi traumi e disturbi psicologici o psichiatrici.

Bene, tutto questo è stato completamente stravolto da una comunicazione mass-mediatica e da disposizioni igienico-sanitarie al limite del paranoico e dell’ipocondriaco che invitano i genitori a isolare i bambini e gli adolescenti in casa se positivi (come testimoniato dal caso che ho riportato all’inizio del contributo), a ritenerli dei pericolosi untori per i loro nonni.

I quali – dal canto loro – sono stati isolati dal contatto umano necessario per vivere serenamente gli ultimi anni della loro vita. Basti pensare a come le RSA siano state dapprima sigillate al mondo esterno, successivamente riaperte ma con contatti impediti da schermi di plexiglass e da misure letteralmente profilattiche quali tute e fogli di plastica – le cosiddette stanze degli abbracci (sic!) –, ora accessibili soltanto a chi sia vaccinato[12].

Anche in questo caso sono stati cancellati decenni di studi che mettono in luce come negli ultimi anni di vita, soprattutto laddove vi sia un decadimento cognitivo, siano fondamentali la presenza e il contatto fisico per garantire la stessa sopravvivenza, ancora prima che una dignitosa qualità di vita[13].

Come in altri momenti bui della storia, vengono separati i figli dai genitori, i mariti dalle mogli.

Terza ragione: la nuda vita

L’altro stravolgimento della natura umana operato dalla “dittatura sanitaria” è quello legato alla condizione esistenziale dell’essere umano.

L’essere umano è frutto di relazione sin a partire dal suo concepimento. La stessa esistenza biologica, organica, comincia da e con una relazione.

Ma l’essere umano è tale soprattutto perché, dal punto di vista emotivo e psicologico, può prendere coscienza di sé, consapevolezza della propria esistenza, della propria emotività, solo stando in relazione con altri esseri umani. Hegel afferma che un’autocoscienza può cogliersi come tale solo in relazione ad un’altra autocoscienza.

Ciascuno di noi è ciò che è non perché è mera materia vivente, bensì perché è materia vivente in relazione con altra materia vivente, dove la differenza è data dalla relazione. Gli stessi virus che non sono esseri pienamente viventi, per poterlo essere devono entrare in relazione con un essere vivente.

La mera materia vivente o, come l’ha ribattezzata Agamben, la “nuda vita”, è una dimensione meccanicistica dell’esistenza che gli antichi greci identificavano con il termine zoè ma che è ben diversa dalla condizione umana di bios. Condizione, quella della zoè, che di fatto non esiste, è una mera astrazione, un’ipostasi frutto dell’osservazione scientifica del mondo.

Gli stessi Husserl prima e Walter Benjamin successivamente distinguevano, concezione puoi sviluppata anche in ambito medico, il Korper dal Leib. Il primo identifica l’organismo nel suo funzionamento meccanicistico, il secondo l’essere vivente inteso come possibilità di relazione.

Per salvare la mera vita biologica si sta sacrificando l’esistenza. Per dirla à la Heidegger per salvare il Sein, l’Essere, si sta sacrificando il Dasein, l’Esserci.

Ma la nuda vita non è vita. La nuda vita è sopravvivenza. La vita è esistenza, è Dasein, ed è possibile solo grazie alla relazione.

Quarta ragione: il volto dell’altro

Emmanuel Lévinas, filosofo francese di origini ebreo-lituane, ci ricorda che il volto dell’essere umano è ciò che ci consente di entrare in relazione con gli altri, con l’altro da noi. È nell’unicità del volto che l’uomo scopre la sua umanità. Non è forse un caso che gli esseri umani abbiano un volto e non un muso come gli animali. Il volto è ciò che rende persone le persone. Senza volto siamo subumani, siamo automi.

Nel volto dell’altro noi abbiamo la possibilità di trovare e dare accoglienza all’altro. Il volto dell’altro è la cifra dell’umanità. Avere un volto è ciò che ci rende umani.

Si pensi alle violenze perpetrate con l’acido o agli sfregi: colpire il volto significa colpire l’unicità della persona. Non è un caso che in molti crimini violenti o omicidi il carnefice non guardi la propria vittima in volto, o lo copra. Così come non è un caso che i percorsi di giustizia riparativa, a partire dagli episodi di bullismo per finire al programma di riconciliazione nel Sud Africa post-apartheid, prevedono che il carnefice debba guardare in volto la vittima, per coglierne, insieme alla sofferenza che gli ha causato, la sua umanità. E, con essa, riscoprire anche la propria[14].

Non si può non osservare come in questi due anni, nonostante numerosi studi ne abbiamo messo quanto meno in dubbio l’utilità, sono state imposte le mascherine in luoghi aperti e soprattutto nelle scuole, con derive e applicazioni che definire folli è riduttivo. Basti pensare alla ricreazione – anche all’aperto – e all’ora di educazione fisica, svolte con la mascherina indossata.

Impedire di vedere il volto dell’altro è – come spiegherò meglio in seguito – un atto alienante e, soprattutto in bambini piccoli, potenzialmente schizofrenico, come dimostrato dal celebre esperimento del dottor Tronick, “Still Face”[15].

Referenze

[9] A proposito di Stasi, tra i tanti riferimenti possibili in questi due anni si veda https://corrieredibologna.corriere.it/…/modena-studenti…

[10] Diego Fusaro, Golpe globale. Capitalismo terapeutico e Grande Reset, Piemme, Milano 2021.

[11] Con questo celebre esperimento Harlow dimostrò (per l’esperimento utilizzò cuccioli di macachi) che il bambino si lega alla mamma non per il soddisfacimento dei bisogni primari quali il nutrimento, ma per riceverne protezione, calore, coccole.

[12] Anche in questo caso è evidente che la disposizione non ha alcuna finalità sanitaria, dato che durante gli ultimi mesi vi sono stati numerosi focolai all’interno delle RSA, nonostante fossero chiuse a ogni tipo di visita, tra il personale e gli ospiti addirittura già vaccinati con la terza dose.

[13] Basti qui menzionare gli studi inaugurati da Frans Veldman e che rientrano nel filone della cosiddetta Aptonomia (la scienza del toccare) i cui benefici sono noti ormai in ogni campo, dalla puericultura, alle cure palliative, passando per la cura e assistenza degli anziani fragili.

[14] Si pensi agli immortali versi de La guerra di Piero di Fabrizio De André: “E mentre marciavi con l’anima in spalle / Vedesti un uomo in fondo alla valle / Che aveva il tuo stesso identico umore / Ma la divisa di un altro colore. […]. E se gli sparo in fronte o nel cuore / Soltanto il tempo avrà per morire / Ma il tempo a me resterà per vedere / Vedere gli occhi di un uomo che muore. / E mentre gli usi questa premura / Quello si volta ti vede ha paura / Ed imbracciata l’artiglieria / Non ti ricambia la cortesia”. Il riaffiorare del sentimento di umanità nel soldato Piero (il quale stava “marciando con l’anima in spalle” ovvero come un automa) e il suo conseguente gesto di pietà nei confronti del nemico è dato dal suo interrogarsi circa il vedere gli occhi di un uomo che muore.

[15] https://www.youtube.com/watch?v=apzXGEbZht0

22 febbraio 2022