Di Massimo Liritano, Presidente Amica Sofia
UNICAL/ cattedra di Filosofia Politica

Nel momento in cui la scuola prova a ripartire in una situazione di precaria e sempre instabile “presenza”, dovrebbe essere essenziale e decisivo il riaprirsi di un dibattito sulle questioni fondamentali, che hanno a che fare oggi non tanto con la situazione epidemiologica quanto con l’emergere di altre situazioni di ben più radicale e complessa instabilità.
Viviamo in un’età dell’incertezza che attraversa oggi una radicalità ancora del tutto sconosciuta e imprevedibile, per tutti noi. Ogni scienza, a partire dalla medicina, si riscopre dinanzi a ciò fondamentalmente impreparata, costretta a ripensarsi, a mettersi in discussione, per tentare al meglio di capire e di fronteggiare l’imponderabile. Bene, questa situazione, di cui ancora si stenta a dimostrare un’adeguata consapevolezza a tutti i livelli, si amplifica in maniera addirittura paradossale soprattutto per chi, già in una qualsiasi ordinaria epoca storica, attraversa da sempre la sua personale “età delle incertezze”. Si tratta degli adolescenti, dei teenagers, coloro che dimostrano oggi di aver più di ogni altro incassato l’urto destabilizzante della crisi pandemica. Questa dovrebbe essere per la scuola, ma anche per l’università, per il mondo della ricerca, per noi adulti in generale, la vera e principale emergenza da porsi oggi. Ed è paradossale che, in tale situazione, non se ne avverta ancora del tutto la centralità.
A chi predicava il verbo del “saremo tutti migliori”, con un testo profetico di alcuni anni fa Sergio Givone replicava così:
“Non che la peste abbia qualcosa da insegnare. Semmai è vero il contrario. Al suo annunciarsi i riti e i miti che accompagnano la beata incoscienza della vita si sfarinano, donde il concentrarsi dell’attenzione in un unico fuoco ossessivo, da una parte, e dall’altra la moltiplicazione sfrenata e demente degli atteggiamenti compulsivi. Fa così irruzione l’inconcepibile, di fronte a cui l’intelligenza abdica al suo compito – che è quello di tessere una trama degli eventi e di darne spiegazione-, non riuscendo più a stabilire rapporti fra l’architettura della realtà e la sua implosione” (Sergio Givone, Metafisica della peste, Einaudi 2012).
Bene, la discussione sulla scuola che scandalosamente si riapre, ad un anno esatto da quella che aveva già abbondantemente consumato e dissolto la nostra credibilità di docenti, educatori, genitori, governanti, è senza dubbio il peggiore segnale che oggi possiamo e dobbiamo registrare, in questo contesto. “Irruzione dell’inconcepibile”, degli atteggiamenti più compulsivi e ossessivi, rinuncia a fronteggiare con equilibrio e razionalità l’implosione del reale in una sorta di caos primigenio.
Nonostante le direttive chiare e ferme del governo nazionale che, seppur impegnato in inutili e bizantine questioni che rendono quasi sempre inapplicabili alla lettera i decreti e le circolari che si susseguono con una sorta di inquietante accanimento, aveva comunque dimostrato fermezza sulla necessità di salvaguardare la scuola in questa nuova fase della pandemia; ad un anno esatto tutto sembra a tratti riproporsi come se niente fosse.
Ed ecco rispuntare il fantasma della DAD, questa nuova panacea di tutti i mali, invocata a più riprese da tutti coloro che evidentemente non hanno ancora ben capito di cosa si tratta, confondendola a volte addirittura con la DDI e ritenendola una specie di seconda opzione sempre aperta ed ugualmente valida, in ogni caso e nonostante tutto. Un fantasma del resto che già in più occasioni era stato evocato e “richiesto”, magari per le allerte meteo o per qualsiasi altra ragione possibile.
Ma tanto che importa? Quale è il valore che in generale diamo alla scuola rispetto a tutto il resto? Ed ecco quindi solerti sindaci che “ordinano” la DAD in zona gialla, senza per nulla toccare tutto il resto. Senza per nulla considerare il fatto che la DAD (o DDI in questo caso) esiste già, non si è mai interrotta, per quanto previsto nei protocolli del ministero in caso di contagi e di quarantene, e andrebbe benissimo così! A fatica e con uno sforzo straordinario, specialmente per la scuola del secondo ciclo, va bene così: se solo si avesse la decenza di rispettare e di lasciare in pace le scuole.
Ma il dibattito si riaccende, la discussione che non dovrebbe neppure essere aperta, come in tutti i paesi civili europei accade già dall’anno scorso, puntuale in Italia torna ad occupare il centro dell’attenzione. Il governo “minaccia” non meglio precisate “sospensioni” delle ordinanze definite illegittime anche dagli stessi sindaci, ma la sostanza non cambia. La scuola, ancora una volta, è sotto attacco. Delegittimata, ridotta a terreno di scontro tra bande, a luogo di sfogo degli isterismi collettivi dai quali nessuno mai ci libererà più, se non si riparte appunto dal ridare centralità e dignità all’educazione e ai ragazzi, prima di ogni altra cosa. Dal considerare seriamente quella che è la fatica dei docenti che stanno pazientemente appena tentando di tirare fuori dall’incubo DAD gli alunni, facendo i conti con i danni irreversibili che, in questa delicata età ognuno di loro comunque porterà con sé; con gli abbandoni, le nuove fobie, le crisi di panico, di demotivazione, di ansia. Perché questo significa DAD, oggi, per loro.
Su Vita
http://www.vita.it/…/si-fa-ancora-troppo-presto…/161508/
7 febbraio 2022