di Elena Dragagna, avvocato

Da quasi due anni i provvedimenti emessi per far fronte alla pandemia hanno come presupposto lo “stato d’emergenza”. Facciamo dunque luce su cosa esattamente sia lo “stato di emergenza” nel nostro ordinamento.Intanto lo “stato di emergenza” non è previsto dalla nostra Costituzione che prevede, all’art. 78, lo “stato di guerra”, durante il quale il Parlamento conferisce al Governo i “poteri necessari” ad affrontare l’evento bellico.
Non è un caso che la nostra Costituzione non contenga la previsione dello stato di emergenza. In sede di Assemblea costituente, infatti, si era discusso di inserire all’art. 78 Cost. la previsione di situazioni emergenziali diverse da eventi bellici che richiedessero misure eccezionali. Tuttavia, tale scelta è stata esclusa dal testo finale della Carta costituzionale anche per evitare che attraverso la dichiarazione dello “stato di emergenza” si potesse disattendere l’ordinamento democratico e comprimere i diritti fondamentali degli individui.Seppur non previsto dalla Costituzione, né assimilabile in via analogica allo stato di guerra, lo stato di emergenza è stato introdotto nel nostro ordinamento con legge ordinaria. Era, infatti, previsto dalla legge sull’istituzione del Servizio Nazionale della Protezione civile ed è poi confluito nel Codice della Protezione Civile: all’art. 24 è infatti previsto che il Consiglio dei ministri possa deliberare lo stato di emergenza al ricorrere degli eventi previsti dall’art. 7, cioè di “eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo” che richiedano “mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”.
Ai sensi dell’art. 7 citato, tra i presupposti per la dichiarazione dello stato d’emergenza non rientrano emergenze di tipo sanitario; inoltre l’art. 7 richiama il fatto che i poteri straordinari volti ad affrontare lo stato di emergenza devono essere delimitati entro un periodo di tempo predefinito.Se guardiamo alla realtà italiana, negli ultimi dieci anni lo stato di emergenza è stato proclamato con riferimento ad eventi calamitosi circoscritti territorialmente: il ponte di Morandi di Genova, il terremoto ad Amatrice, per fare degli esempi. Lo stato di emergenza è, di fatto, sempre stato una modalità tecnica che ha consentito di assumere ordinanze eccezionali ed una serie di procedure amministrative in deroga.
L’art. 25 della legge citata prevede che lo stato d’emergenza venga tra l’altro affrontato attraverso ordinanze di protezione civile, “da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente” ma comunque “nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea”.Di fatto, l’elencazione della tipologia di ordinanze di cui all’art. 25 rimanda ad “interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall’evento”, “ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche, alle attività di gestione dei rifiuti, delle macerie, del materiale vegetale o alluvionale o delle terre e rocce da scavo prodotti dagli eventi e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati, anche mediante interventi di natura temporanea”, ecc…
Su questa base normativa, non specificamente pensata per una pandemia né certo autorizzativa di interventi derogatori del testo costituzionale, il Consiglio dei Ministri, con delibera del 31 gennaio 2020, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale; il precedente 30 gennaio l’Organizzazione mondiale della sanità aveva dichiarato lo stato di “emergenza sanitaria globale”.L’art. 24 co. 3 del Codice Protezione Civile stabilisce il limite temporale dello stato di emergenza; infatti: “La durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi”.Nella realtà, come sappiamo, lo stato d’emergenza è ad oggi prorogato al 31 marzo 2022 dal d.l. 221 del 24 dicembre 2021; si è andati dunque oltre al dettato di una normativa già di per sé utilizzata a sproposito.
Dalla dichiarazione dello stato di emergenza ad oggi si sono susseguiti molteplici interventi normativi, sia attraverso decreti-legge, sia per mezzo di d.p.c.m. attuativi.Il Decreto Legge n.6/2020, convertito nella legge n.13/2020, è stato la fonte normativa primaria delle misure di contenimento della emergenza epidemiologica da Covid 19.A questo hanno fatto seguito alcuni Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM). Le misure sono state estese all’intero territorio nazionale, introducendo limitazioni non solo alla libera circolazione dei cittadini ma ad altri diritti degli stessi.
Si evidenzia come il DPCM sia di fatto uno strumento amministrativo (e per questo non sottoponibile al vaglio della Corte costituzionale), cui si è fatto ricorso con una notevole frequenza. I DPCM, per essere assistiti dal requisito di conformità al modello legale, devono contenere mere disposizioni di attuazione e non ulteriori limitazioni. Nella realtà, durante la pandemia i DPCM hanno introdotto ulteriori limitazioni, incidenti su diritti fondamentali quali la libertà di circolazione e i diritti di libertà.Anche sui decreti legge sembra opportuna qualche riflessione. Il termine per la loro conversione è di 60 giorni ma spesso il ramo del Parlamento che ne avvia l’esame finisce per esaurirli tutti. Sicché il nostro bicameralismo perfetto funziona in modo imperfetto, una Camera istruisce, l’altra delibera. Inoltre, la Costituzione all’articolo 77 permette l’adozione di decreti legge solo in casi straordinari di necessità e di urgenza.Sono state inoltre emanate numerose ordinanze sia nazionali sia regionali.Attraverso questi strumenti – molteplici, spesso contraddittori tra loro e di difficoltosa lettura e interpretazione anche per il giurista – sono state imposte misure drastiche, incidenti in maniera pesante sulle libertà dei cittadini e sui diritti costituzionali – a partire dal lockdown totale della nazione nel marzo 2020 e proseguendo con altre pesanti misure fino ad arrivare, ad oggi, al Green Pass e ancora al Super Green Pass.L’art.2 della Costituzione recita: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Con il termine “riconosce” si vuole intendere che non è la Repubblica che attribuisce i diritti inviolabili, ma che questi esistono, indipendentemente da ogni attribuzione statale.
A parte, come si è anticipato, lo stato di guerra, non ci sono articoli della Costituzione che autorizzano a limitazioni generalizzate dei diritti costituzionali – giammai sospensioni – tranne l’art. 16 della Costituzione che riguarda il solo diritto di circolazione e prevede che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”.Anche questo articolo è stato utilizzato (spesso impropriamente) come presupposto giuridico di misure limitative in tempi pandemici; lo troviamo infatti citato in praticamente tutti i provvedimenti emessi.La Costituzione fa riferimento alla salute, oltre che nell’art. 16, negli artt. 32 e 117. Nel primo, la salute è definita come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. E’ inoltre previsto che ogni individuo possa sottrarsi a trattamenti sanitari ove non previsti come obbligatori dalla legge. Deve comunque essere sempre salvaguardato il rispetto della persona umana.L’art. 117 ricomprende la tutela della salute fra le materie a potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni. L’art. 117 comma 2 lett. q riserva la profilassi internazionale alla competenza esclusiva dello Stato.
Il nostro ordinamento non conosce una generale gerarchia dei valori costituzionali. Nemmeno la Salute prevale sugli altri diritti o principi costituzionali. Nella giurisdizione della Corte Costituzionale si impone il bilanciamento dei diritti, che richiede il ricorso al giudizio di ragionevolezza e di proporzionalità. La Corte lo ha scritto espressamente nella sentenza sull’ILVA di Taranto, quando bisognava trovare un equilibrio tra diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto d’impresa. Non ce n’è uno da tutelare in maniera integrale, a scapito di altri, non esiste un diritto “tiranno”, deve essere trovato un equilibrio.Il d.l. 221 del 24 dicembre 2021 ha prorogato al 31 marzo 2022 lo stato d’emergenza, unitamente ad altre misure tra cui quelle relative all’impiego del Green Pass e del Green Pass rafforzato.Ora, che si tratti di un’ulteriore forzatura rispetto al sistema normativo esistente è del tutto evidente.
Lo stato d’emergenza è stato ben delineato a priori: in questo perimetro la temporaneità assurge a condizione essenziale di sua legittimazione.Durante lo Stato d’emergenza, l’ordinamento subisce un’alterazione sia sul lato dei poteri, sia per quanto attiene ai diritti. Dal lato dei poteri, il Governo assume un ruolo decisivo e decisionista a scapito del Parlamento e, dal lato dei diritti, la tutela della salute pubblica provoca uno sbilanciamento che si ripercuote su tutti gli altri diritti costituzionalmente garantiti.Soltanto stabilire un termine fisso ed invalicabile potrebbe in potenza – e né è certo che lo possa- determinare una riespansione elastica degli stessi.
BIBLIOGRAFIACostituzione italiana: https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione
Codice della protezione civile:https://www.protezionecivile.gov.it/…/
decreto…D.l. 221 del 24 dicembre 2021:https://www.gazzettaufficiale.it/…/2021/12/24/21G00244/sg
16 gennaio 2022