Intervento di Sara Gandini all’evento online de L’Alternativa su “Comunità scientifica e la pandemia”

Evento Organizzato da Alternativa, dal titolo; “La comunità scientifica e la pandemia. E’ ammissibile una sola voce?” Intervento di Sara Gandini. in cui confronta i risultati dello studio italiano sulle scuole con le altre pubblicazioni scientifiche recenti inclusa una revisione sistematica della letteratura riguardo alla trasmissione della SARS-CoV-2 nel contesto scolastico. Le conclusioni di questa meta-analisi pubblicata ora su Medrxiv e sottoposta a revisione riassumono i dati per più di 250 mila soggetti in decine di studi internazionali e confermano una frequenza minore dell’1% di soggetti trovati positivi a scuola, considerando gli studi di screening, quindi test a tappeto indipendentemente dai sintomi. Inoltre i confronti per età confermano che i giovani trovati positivi avevano il 74% in meno di probabilità rispetto agli adulti di favorire la diffusione virale e che i minori erano il 40% significativamente meno suscettibili al contagio rispetto agli adulti. In questo periodo di pandemia dove ovviamente il ‘rischio zero’ non esiste le scuole si confermano uno dei luoghi più sicuri. Luoghi dove il contagio si diffonde meno rispetto a quanto avvenga in altri luoghi frequentati dai ragazzi, senza alcun controllo adulto, quando le scuole sono chiuse.Se dunque in Italia e nel mondo non ci sono forti evidenze scientifiche che la chiusura delle scuole giochi un ruolo cruciale nel contenere il contagio, non ci sono dubbi che questa crei grave disagio psicologico nei giovani e metta in grande difficoltà la società tutta, soprattutto le donne.La scelta della chiusura delle scuole infatti non riguarda solo i rischi di contagio perché il concetto di salute è ben più ampio del rischio di contagio. Prima di tutto non permettere a bambine, bambini, ragazze e ragazzi, la frequenza in presenza ai percorsi di formazione causa un ritardo generale dello sviluppo socio-emotivo nell’età evolutiva. Svariati studi pubblicato su importanti riviste scientifiche hanno mostrato un aumento significativo di sintomi depressivi ma anche suicidi e tentati suicidi nei bambini e negli adolescenti dopo la chiusura delle scuole. L’aumento dei suicidi ha riguardato anche le donne, diversamente da quello che accadeva in passato. In assenza quindi di prove evidenti dei vantaggi della chiusura delle scuole, il principio di precauzione impone di mantenere le scuole aperte per prevenire danni irreversibili ai bambini e adolescenti, alle donne e alla società intera. E’ stato inoltre condotto recentemente uno studio su Covid-19 e attività sportiva in età giovanile. I risultati indicano, prima di tutto, che la frequenza di casi positivi al Covid-19 è stata molto simile tra chi si è allenato e chi no, riscontrando addirittura una maggior frequenza di positivi tra chi non si è allenato (12%) rispetto a chi si è allenato all’interno di centri o società sportive (9%). La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che ci sia un miglioramento delle difese immunitarie in chi pratica sport oppure nel fatto che le attività sportive si siano svolte in contesti controllati e con misure preventive che hanno funzionato o una combinazione di entrambi i fattori. Non si è riscontrato nemmeno un aumento di contagi all’interno delle famiglie di sportivi, confermando che la diffusione del virus in questa classe di giovani sia stata correttamente valutata. Dallo studio emerge ancora un altro dato che già era stato riscontrato in precedenza e cioè che il contagio aumenta tra le classi sociali più in difficoltà.Per quanto riguarda la salute dei giovani, si registrano un aumento di peso (dell’1%) in 9 mesi e una minore aderenza alle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità tra chi non ha fatto sport. Fra gli under 15, chi si è allenato più di due volte alla settimana rischia meno ripercussioni psicologiche (del 46%) rispetto a chi ha interrotto l’attività. Ancora, il 75% del campione ha dichiarato di fare uso di dispositivi tecnologici a scapito dell’attività sportiva per più di due ore al giorno. Tra questi ragazzi, il rischio di ripercussioni psicologiche aumenta dell’82% rispetto a chi usa suddetti dispositivi per due ore o meno. Il dato risulta essere peggiore nelle regioni del sud e nelle isole.”

23 novembre 2021