di Elena Dragagna, Avvocato

L’art. 16 della Costituzione ha costituito il fondamento, come vedremo “improprio”, di molte misure prese durante la pandemia, a partire dalle limitazioni di spostamento durante il lock down fino ad arrivare alle disposizioni sul Green Pass.
Su tale norma è necessario che venga fatta al più presto chiarezza, da parte di dottrina e giurisprudenza, per definirne correttamente ambito e limiti ed evitare così che anche in futuro possano su tale base essere prese misure in nessun modo autorizzate dalla norma.
L’art. 16 della Costituzione prevede che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”.Questa norma è stata usata (ed invero abusata) in questo periodo pandemico; di fatto, da un anno e mezzo a questa parte, è stata utilizzata per (tentare di) legittimare una serie di misure restrittive, molte delle quali hanno poco o niente a che fare con le limitazioni alla circolazione per motivi di sicurezza e di sanità di cui l’articolo stesso si occupa.
All’inizio della pandemia, a marzo/aprile 2020, l’art. 16 è stato utilizzato per giustificare le norme che, imponendo il lock down agli italiani, impedivano loro, tra le altre cose, di allontanarsi per più di 200 metri da casa o, comunque, di non uscire se non per poche e specifiche ragioni.
C’è stata al riguardo la “famosa” sentenza del Giudice di Pace di Frosinone, nel luglio del 2020 – snobbata in quanto, appunto, sentenza di Giudice di Pace – che ha molto chiaramente evidenziato come con norme di questo tipo si andasse in realtà ben oltre l’art. 16 – che consente una semplice limitazione, giammai una sospensione, del diritto di circolazione per motivi sanitari – intaccando pesantemente l’art.13 in materia di libertà personale.
Le motivazioni di quella sentenza, che condivido e su cui scrissi all’epoca anche un articolo per le “Pillole di ottimismo”, erano ben chiare: nel momento in cui si vieta ai cittadini di uscire da casa se non per poche e limitate eccezioni si introduce, di fatto, un vero e proprio “obbligo di permanenza domiciliare” che, però, nel nostro ordinamento esiste solo in ambito penalistico e configura a tutti gli effetti una sanzione penale restrittiva della libertà personale e che, come tale, ai sensi dell’art. 13 della Costituzione, può essere adottata solo su motivato atto dell’autorità giudiziaria e nei soli “casi e modi previsti dalla legge”.Il Giudice di Pace evidenziò come tali misure restrittive non potessero trovare giustificazione in base all’art. 16 della Costituzione, dal momento che i limiti alla la libertà di circolazione possono riguardare l’accesso a determinati e specifici luoghi, ma non un divieto generale di spostamento che, di fatto, riguarda direttamente la persona e non i luoghi e dunque configura una limitazione alla libertà personale.
La questione risulta ben chiarita dalla sentenza emessa in altro ordinamento, cioè in Spagna, dove il Tribunale costituzionale spagnolo (equivalente della nostra Corte costituzionale), dichiarando illegittimo il lock down per motivi formali (si era utilizzato lo strumento dello “stato di allarme” e non lo “stato di eccezione”; è anche poi previsto, dalla Carta Costituzionale spagnola, lo “stato di assedio”) entrando anche nella “sostanza” della questione ha evidenziato che nel momento in cui si limitino gli spostamenti consentendoli solo in poche e determinate situazioni, di fatto si sta assistendo ad una sospensione e non ad una mera limitazione del diritto di circolazione. Sospensione ammessa solo in caso di dichiarazione dello stato di eccezione o di assedio nei termini previsti nella Costituzione spagnola.Da noi la situazione è stata ancora più grave, in quanto non ci sono norme costituzionali che permettano, come in Spagna, una sospensione generalizzata dei diritti. Neppure l’art. 16 che permette solo una limitazione della circolazione.
Per motivi di sanità o di sicurezza si può dunque inibire al cittadino di andare in alcuni specifici luoghi; non, al contrario, permettergli solo poche opzioni di spostamento, vietandogli tutte le restanti.Ma con il tempo si è andati oltre nell’uso/abuso dell’art. 16.Nella premessa del d.l. 52 dell’aprile 2021, istitutivo tra l’altro del Green Pass, si cita l’art. 16 della Costituzione “che consente limitazioni della libertà di circolazione per ragioni sanitarie”; quando sappiamo bene che il Green Pass all’italiana non prevede solo limitazioni alla circolazione ma va ben oltre.Anche i successivi decreti legge che hanno ampliato l’ambito dell’utilizzo del Green Pass, fino a richiederlo, dal prossimo 15 ottobre, in tutti i luoghi di lavoro pubblici o privati, citano in premessa l’art. 16.Probabilmente questo utilizzo dipende dal fatto che è l’unica norma della nostra Costituzione a prevedere delle limitazioni generalizzate di diritti legate a motivi sanitari.Poco importa o è importato che di limitazione e non sospensione del diritto di circolazione parli la norma, ancora meno sembra importare che non possa essere utilizzata per altri fini come invece è stato fatto: nello specifico, per inibire (o rendere comunque più complesso e costoso, tramite i tamponi, in spregio alle norme costituzionali sull’uguaglianza dei cittadini) l’accesso non solo a luoghi ma a servizi e attività, alcune delle quali essenziali come lo studio (pensiamo all’obbligo di Green Pass per le attività in presenza degli studenti universitari) e addirittura il lavoro.
Quindi non solo la base normativa ad una serie di misure manca, non potendo essere rinvenuta nel disposto dell’art. 16, ma inoltre si stanno al contempo violando diverse altre norme costituzionali.In particolare le disposizioni sul Green pass sono uno strumento di pressione finalizzato ad incentivare una vaccinazione che, ad oggi, non è obbligatoria; così di fatto si stravolge il disposto dell’art. 32, comma 2, della Costituzione, che garantisce il diritto a non prestare il consenso ad un trattamento sanitario a meno che l’obbligo sia previsto da una legge, nonché il senso della l. n. 219/2017 che richiede, per i trattamenti sanitari, un consenso libero – quindi non viziato da violenza, minaccia o inganno – e informato.Ma il secondo comma dell’art. 32 prevede anche altro: che la legge che prevede l’obbligo vaccinale, ove esistente, non possa violare i limiti imposti dal rispetto della dignità della persona umana.Ora, non serve essere giuristi per comprendere come nel momento in cui serve un “lasciapassare”, il Green Pass appunto, per accedere non solo ad attività sociali e ricreative (il che già sarebbe illegittimo) ma addirittura a luoghi di studio e al lavoro (e questo avviene in una Repubblica che è fondata sul lavoro, art. 1 della Costituzione), si stia intaccando pesantemente la dignità dei cittadini, dignità e uguaglianza, a prescindere da qualsiasi condizione personale, riconosciute e protette dall’art.3 della Costituzione.
Al cittadino che, ipotizziamo, non voglia vaccinarsi (è suo diritto) e, poniamo, neppure sottoporsi a tampone (altro diritto) non viene semplicemente comminata una sanzione, sia essa pecuniaria, sia pure più grave – se il cittadino fosse portato in prigione avrebbe almeno assicurato vitto e alloggio – no, viene fatto di peggio: non potrà più lavorare e quindi godere dei mezzi di sostentamento per sé e la sua famiglia. Mai si era arrivati a tanto.Queste misure travalicano evidentemente le esigenze sanitarie e hanno alla base una motivazione politica, anche perché il differente trattamento tra vaccinati e non vaccinati non risulta neppure giustificato da motivi sanitari (il vaccino non impedisce infatti di contagiarsi e contagiare).Oltre a mancare di un fondamento sanitario, in ogni caso intaccano la libertà personale, l’uguaglianza e la dignità dei cittadini, violando numerose norme costituzionali e ponendosi in chiara contraddizione con i principi che stanno alla base della normativa europea.Pensiamo ai Regolamenti UE 953 e 954 nei cui “considerando” viene espressamente evidenziato come si debba “evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate” per diversi motivi tra cui rientra il fatto che abbiano “scelto di non essere vaccinate” (considerando 36 del Regolamento 953).
Si noti che nella prima traduzione italiana del Regolamento citato, poi ufficialmente rettificata, anche a seguito di specifica interrogazione al Parlamento europeo, era stata omessa la precisazione “o hanno scelto di non essere vaccinate”.***In definitiva, l’art. 16 della Costituzione ha costituito il fondamento “improprio” di molte misure prese durante la pandemia, a partire dalle limitazioni di spostamento durante il lock down – che per come previste si sono tradotte in una e vera “sospensione” del diritto di circolare e non in una mera limitazione, come autorizzato dalla norma – fino ad arrivare alle disposizioni sul Green Pass, che poco o nulla hanno a che vedere con la limitazione del diritto di circolazione, intaccando invero altri fondamentali e intoccabili diritti.Si spera che al riguardo giurisprudenza e dottrina facciano al più presto chiarezza (anche se la norma risulta di per sé chiara, tanto da far ritenere alla sottoscritta che il suo abuso e travalicamento siano stati voluti e non un semplice errore) per evitare che anche in futuro vengano così pesantemente limitati e addirittura sospesi diritti fondamentali sulla base di norme che in nessun modo lo autorizzano.
BIBLIOGRAFIA- sentenza 516/2020 del Giudice di Pace di Frosinone:http://images.go.wolterskluwer.com/…/%7Be92d2f08-eef2…
– Testo completo della sentenza del Tribunale costituzionale spagnolo:https://www.tribunalconstitucional.es/…/2020-2054STC.pdf– Regolamenti EU 953 E 954:https://agenziastampaitalia.it/…/RegolamentoUE2021953de…;
10 ottobre 2021