Di Maria Sabina Sabatino, storica dell’arte e guida museale


Una delle grandi ferite inferte dalla pandemia a chi, come me, vive d’arte, è stata l’impossibilità di lavorare, con le evidenti dolorose conseguenze che ciò comporta.Nondimeno, tutti noi abbiamo subìto le sofferenze causate da una lunga privazione della bellezza e delle possibilità che la bellezza può creare.
A 20 mesi dall’irruzione di Sars-CoV-2 nelle nostre vite, lo sconquasso sociale continua, forse in Italia più che altrove.Pertanto questo post nasce dalla volontà di creare una connessione tra la riflessione attuale sulla necessità di ridare spazio alla bellezza e alle arti e il medesimo proposito espresso ottantuno anni fa, nel buio della guerra, da Joan Mirò e dalle sue ricerche artistiche e spirituali.
Chi scrive è profondamente convinta che le istanze scientifiche, giuridiche, politiche che determinano la realtà composita della nostra società contemporanea e che sono alla ribalta debbano, in questo momento più che mai, essere accompagnate da riflessioni e suggestioni intense, vitali, portatrici di bellezza e di senso dell’Umano.Se vogliamo costruire una collettività in cui siano affermati valori democratici e fruttuosi e procedere insieme verso un futuro giusto e florido, dobbiamo farlo con costante riferimento alla nostra umanità.Esattamente in questa direzione si mosse la creatività di Joan Mirò quando, nel gennaio del 1940, abbandonata Parigi a causa dei crudeli venti di guerra, diede inizio alla serie di 23 opere a tecnica mista su carta, che nel corso del tempo hanno preso il nome di “Costellazioni”.
Ritiratosi sulla costa della Normandia, a Vargeneville sur Mer, Mirò alzò lo sguardo verso il cielo e vi trovò la consolazione della Natura.I cieli pieni di luna e stelle, le notti tranquille, le rocce e le creature marine tornano all’artista come per magia e con incanto.Mirò arriva così a rappresentare tutti i valori dell’esistenza umana, tutta la bellezza semplice e grandiosa della natura.
Attraverso le creature misteriose e oniriche che popolano queste carte ruvide, dipinte a gouache e tempera diluita, l’artista ci racconta la sua urgenza creativa di riappropriarsi della dolcezza della vita, della sua innata bellezza.“A quell’epoca – racconta Joan in prima persona – ero molto depresso. Credevo che la vittoria dei nazisti fosse inevitabile (…) ed ebbi l’idea di esprimere quest’angoscia creando sagome e arabeschi nell’aria che, come fumo di sigaretta (…), sarebbero saliti in alto, avrebbero accarezzato le stelle (…)”.
Mirò sublima la sofferenza sua e del genere umano attraverso la rappresentazione dei cieli e delle profondità marine, attraverso l’esaltazione della bellezza animale e della natura.Disegna una nuova architettura “organica”.In “Numeri e Costellazioni innamorati di una donna” racconta la bellezza della natura e dell’essere umano con frenesia e animo giocoso, dipingendo creature degli abissi marini, costellazioni celesti ed elementi che arrivano dal suo inconscio e dal suo mondo onirico e di fiaba.Ne “La Poetessa” raffigura la stilizzazione di una donna che ha accanto a lei cerchi e forme che evocano armonia, con le ali e il corpo di un uccello che rappresentano un anelito di libertà.I colori primari giallo, rosso, blu, le campiture verdi e gli ampi segni neri che diventano quasi una scrittura, parlano dei sogni e degli incubi dell’uomo, dell’ artista consapevole di volersi liberare del dolore generato dalla realtà sanguinosa della guerra.”…
Le forme espresse da un individuo che fa parte della società devono rivelare il movimento di un’anima che cerca di sfuggire alla realtà del presente… per avvicinarsi a nuove realtà, per offrire agli uomini la possibilità di elevarsi al di sopra del presente”, scrive Mirò nei suoi diari.Le considerazioni di Joan Mirò e le due opere ci ricordano molto da vicino la convinzione del filosofo Friedrich Schelling che due secoli fa teorizzò l’idea per cui il compito di creare un’attività che armonizzi spirito e natura sia affidato all’Arte.L’auspicio in questi tempi difficili è perciò quello di alzare di nuovo lo sguardo verso il cielo e di fare dell’Arte il mezzo attraverso cui riconoscerci come membri del genere umano, ricordandoci che siamo molto di più di due fazioni contrapposte.Siamo parte della Natura, creatori e portatori di Bellezza.“La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori”. (Alda Merini)
Cenni bibliografici:Mirò di Michele Fantini, Giunti Editore 2017Mirò di Roland Penrose, Rusconi 1989Joan Mirò, La metamorfosi della forma, di J. L. Prat, Skira 2001F. W. J. Schelling, Filosofia dell’Arte lezioni 1802-1803, a cura di Alessandro Klein,
Le immagini sono da Wikiart.org Autore Joan Mirò (1893 – 1983)
Titolo: “La poetessa”Data: 1940Tecnica: Gouache su cartaDimensioni: 36 x 43 mm
Ubicazione: Collezione privataTitolo: “Numeri e Costellazioni innamorati di una donna”Data: 1941Tecnica: Gouache, acquerello e grafite su carta
Dimensioni: 46x 38 cmUbicazione: Art Institute of Chicago
28 settembre su Goccia a Goccia/fb