Libertà di insegnamento in tempo di pandemia

di Claudio Amicantonio, insegnante di liceo

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Quando finalmente sarò riuscito a entrare in aula e inizierò la lezione, sarà ancora realmente in vigore l’art. 33 della Costituzione per il quale “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”? Sarà ancora realmente in vigore l’art. 1 del D. Lgs. 297/94 sulla base del quale “ai docenti è garantita la libertà di insegnamento come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente”?

L’attuale e perdurante clima di contrapposizione tra vaccinati e non vaccinati, con punte non isolate di estremismi sfocianti in forme di odio e di violenza verbale e fisica, sarà inevitabilmente presente anche in quel microcosmo sociale che è la classe, in cui – oltre alla presenza fisica degli studenti – aleggia il sempre più pressante fenomeno del presenzialismo genitoriale, rendendo le domande sulla “libertà d’insegnamento” una vera e propria questione pratica e non un semplice esercizio di giurisprudenza costituzionale.

Durante la lezione su Socrate, per esempio, sarà possibile spiegare agli studenti che “dichiarare di non sapere significa che nessuna delle convinzioni umane a lui note si presenta come verità” e che, in questo senso, la critica di Socrate alla società e alle sue istituzioni è radicale, e che proprio per questo “la condanna di Socrate da parte della società ateniese è la naturale reazione e difesa di una società che si sente minacciata nel modo più pericoloso”, senza che tutto ciò possa essere interpretato come un invito a disobbedire alle leggi del nostro ordinamento giuridico?

Quando in una quinta liceo dovrò spiegare i motivi per cui, negli ultimi due secoli, la cultura occidentale ha mostrato l’impossibilità dell’esistenza di una verità assoluta e dunque l’inesistenza di una morale assoluta e di un dovere assoluto e valido per tutti – da cui peraltro deriva il concetto di laicità dello Stato – non rischierò di essere frainteso e di conseguenza accusato come un pericoloso sostenitore delle critiche alla campagna vaccinale in atto, che ha avuto come primo promotore il Presidente della Repubblica che ha sostenuto che “fare il vaccino è un dovere morale”?

La questione poi diventerà inevitabilmente esplicita, e di conseguenza causa di possibili e costanti fraintendimenti da parte di entrambe le fazioni, quando l’oggetto delle lezioni sarà la scienza. Quando dovrò spiegare il metodo sperimentale di Galilei, mediante il quale si decide cosa è scienza e cosa non lo è, non rischierò forse di essere oggetto di particolare interesse di qualche genitore che inculca ai propri figli l’attendibilità di maghi e santoni in versione 2.0?
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L’articolo completo pubblicato sullo speaker corner de Il Fatto Quotidiano al seguente link

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