La variante online

di Luciana Apicella, giornalista, e Gilda Ripamonti, giurista

Mentre la Danimarca annuncia la fine delle restrizioni dal 10 settembre, con il 70% della popolazione vaccinata (pochi punti percentuali in più rispetto al nostro Paese, che procede a ritmi sostenuti nella campagna vaccinale, e pochi in meno rispetto le ospedalizzazioni), in Italia l’Università degli Studi di Trieste aggiorna il suo protocollo Covid introducendo anche per gli esami online l’obbligo di possesso del certificato verde.

Oggi non vorremmo rivolgerci a chi è scettico nei confronti dello strumento Green Pass, il cui utilizzo arriva anche a subordinare un diritto fondamentale come quello allo studio, ma a chi lo ritiene una misura sanitaria efficace e imprescindibile, in grado di creare ambienti sicuri: in che modo dovrebbe fare da scudo in questo caso? Immunità online? La delta è wireless?Stiamo assistendo a un precipitare di eventi che nulla hanno a che vedere con la scienza che viene brandita ogni volta come giustificativo universale di ogni decisione presa.Nemmeno vale il discorso della spinta gentile alla vaccinazione, che per ben altre vie dovrebbe essere ottenuta: quelle dei dati, della trasparenza sul calcolo del rapporto tra costi e benefici, fissando degli obiettivi, come ha fatto, appunto, la Danimarca e come hanno fatto altri paesi europei. Non certo precludendo la possibilità a chi sia privo di green pass di accedere a un esame universitario, per giunta online – online! – in aperta contraddizione peraltro con il Regolamento 953/2021 del Consiglio d’Europa che, quando si tratta di libertà di circolazione interstatale, pone nero su bianco la necessità di non discriminare chi, per impossibilità o scelta, decida di non fare il vaccino.La china che si sta percorrendo è pericolosa e, quel che è peggio, desolatamente inefficace.

Ricordiamo che il d.l 111 del 6 agosto 2021 (art. 1 comma 6) inserisce l’articolo 9 ter nella legge 87/2021 istitutiva del green pass, articolo che così recita: “Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.
Quindi, se da un lato è vero che la norma non richiede il green pass espressamente solo per accedere alle aule, dall’altro si impone di “possedere” il green pass. Ma tale “possesso”, dall’altro lato, dovrebbe essere interpretato letteralmente non isolando il significato della sola parola ‘possedere’ bensì leggendola in connessione con le altre parole che costituiscono l’articolo segnatamente con l’espressione per “tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione IN PRESENZA del servizio essenziale di istruzione”. La norma dell’università di Trieste non si conforma all’articolo nella sua completezza ove prevede che gli studenti debbano avere il possesso anche per gli esami che non si svolgono ‘in presenza’ ma ‘da remoto’. Nè, del resto, altro scopo dovrebbe essere attribuito al green pass – leggendo il testo del protocollo triestino il green pass richiesto da remoto sembra quasi servire a impedire l’elusione della norma che prevede che gli esami si svolgano in presenza – se non quello indicato di mantenere la sicurezza negli spazi universitari dove si svolge il servizio di istruzione in presenza.
Si dovrebbero persuadere gli studenti a tornare a fare esami in presenza senza strumentalizzazioni del green pass.

31 agosto 2021

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